venerdì 27 aprile 2007

Affidamento Congiunto: altra sentenza

Affidamento congiunto ed assegno di mantenimento dei figli
Secondo la Cassazione, l’affidamento congiunto non esclude che entrambi i genitori continuino a contribuire al mantenimento dei figli, secondo le regole generali in materia di separazione e divorzio.
Per la Suprema Corte vanno rimarcate le differenti finalità assolte dall’affidamento congiunto e dall’assegno di mantenimento: l’uno attiene all’interesse esistenziale del minore e mira a tutelare il suo equilibrio psico-fisico, l’altro ha una lo scopo di realizzare la cd. assistenza materiale del minore, e ha una natura patrimoniale.
La soluzione della Corte è in sintonia con quanto prevede la L. 8 febbraio 2006, n. 54,: il legislatore ha introdotto il cd principio della bigenitorialità, con ciò ovviamente privilegiando l’interesse esistenziale del minore e prescindendo, in particolare, sia dal rapporto patrimoniale tra i due ex coniugi, sia dagli aspetti economici riguardanti la vita del minore, autonomamente disciplinati da co. 4 di detto art. 155 c.c., in cui è previsto che ciascuno dei genitori provvede al mantenimenti dei figli in misura proporzionale al proprio reddito che il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, sulla base di vari parametri, tra cui le risorse economiche di entrambi i genitori.
È un’ulteriore conferma che l’affidamento congiunto non può certo far venir meno l’obbligo patrimoniale di uno dei due genitori a contribuire, con la corresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
Sentenza 18 agosto 2006, n. 18187
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I coniugi C.A. e P.R., unitisi in matrimonio in data xxxx, e dalla cui unione sono nati quattro figli (Y. nata il xxx, Y, nato il xxx, C., nata il xxxx e R.Y. nata l’xxxxx), si separavano consensualmente innanzi al Tribunale di Brindisi, con verbale omologato in data 27/5/99.
Detti coniugi convenivano, con riferimento alle due figlie ancora minorenni C. e R.Y., che le stesse fossero affidate congiuntamente ai genitori e che vivessero però axxxx con il padre, e, quanto alla regolamentazione dei rapporti patrimoniali riguardanti il mantenimento delle stesse, nel verbale era espressamente previsto che i coniugi assumono reciproco impegno a provvedere congiuntamente al mantenimento delle figlie minori, attraverso loro pari concorso, nonché a soddisfare nella stessa misura ogni loro esigenza, anche straordinaria.
Veniva inoltre prevista l’assegnazione della casa coniugale al C. con la disponibilità per la P., che aveva rinunciato all’assegno di mantenimento, di due appartamenti contigui.
A seguito del trasferimento nel mag. 2000 della P. a Roma che, con il consenso del marito, aveva portato con se le figlie minori, la stessa chiedeva al Tribunale di Brindisi l’affidamento esclusivo delle figlie minori e la fissazione di un congruo assegno di mantenimento nella misura di £ 10.000.000 mensili per ciascuna figlia, con autorizzazione a procedere a sequestro conservativo sull’intero patrimonio coniugale.
Si costituiva il C. che, in via riconvenzionale, chiedeva l’affidamento esclusivo a se delle figlie minori e il Tribunale di Brindisi, con provvedimento del 14/11/2001, disponeva l’affidamento delle minori alla madre e poneva a carico del C. un assegno di mantenimento per ciascuna delle figlie di 6.000.000 mensili, oltre spese scolastiche, assicurative e di istruzione.
Avverso tale provvedimento proponeva reclamo il C. e la Corte di appello di Lecce, costituitasi la P., con decreto del 21/2/2002, rilevato che il provvedimento emesso dal Tribunale di Brindisi, per il suo contenuto sostanziale, aveva, quanto ad alcune statuizioni (compressa quella relativa all’affidamento della prole), natura palesemente decisoria, ritenuta la totale incompatibilità della forma del decreto parziale con i principi di celerità e di concentrazione che caratterizzano, anche nella fase decisoria, il procedimento camerale incentrato sulla pronuncia di un unico provvedimento definitivo, dichiarava la nullità del reclamato provvedimento.
Lo stesso tribunale, con decreto in data 6/2/2002, confermava i provvedimenti in tema di affidamento e di mantenimento di cui all’ordinanza 14/11/2001, precisando che l’obbligo economico del C. costituisce contributo di mantenimento.
Presentavano reclamo, in via principale, il C. (chiedendo revocarsi il provvedimento del tribunale relativamente alla conferma dell’affidamento e del mantenimento), nonché la P., in via incidentale (chiedendo la rideterminazione del contributo per il mantenimento delle figlie e l’attribuzione di un assegno per il proprio mantenimento) e la Corte di appello di Lecce, con il decreto in esame in data 4/4/2002, accoglieva per quanto di ragione il reclamo del C. e per l’effetto rigettava la domanda della P. (di cui al ricorso del 20/4/2001) e, per il resto, la domanda riconvenzionale.
Ricorre per cassazione ex art. 111 Cost. la P. con tre motivi; resiste con controricorso il C., che eccepisce, tra l’altro, l’inammissibilità del ricorso in quanto, se i provvedimenti che incidono sui diritti patrimoniali dei coniugi acquistano carattere di definitività e divengono immodificabili, i provvedimenti che riguardano i figli, di cui all’art. 155 c.c., sono privi del carattere di definitività e quindi non possono essere oggetto di ricorso straordinario per cassazione, ex art. 111 Cost.
Entrambe le parti hanno disposto memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce falsa applicazione degli artt.147, 148 e 155 e seg. c.c. [1] la dove la Corte territoriale ha erroneamente affermato che l’affidamento congiunto comporta l’onere di provvedere a tutti i bisogni delle figlie minori debba continuare a gravare paritariamente su entrambi i genitori; al riguardo si precisa che il pari contributo non va inteso come misura della quota di concorso negli oneri, ma come concorrente dovere, che trova la sua fonte primaria nell’art. 30 Cost. e che si impone a ciascun coniuge di far fronte alle suindicato esigenze dei figli: il che costituisce l’effetto necessario dell’affidamento congiunto.
Si censura in definitiva la sentenza in esame in quanto l’affidamento congiunto prescinde da un paritario obbligo di mantenimento.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce contraddittorietà della motivazione sul punto dell’assegno di mantenimento per le minori.
Si afferma in particolare che a pag. 9 i giudici salentini sostengono che l’onere di provvedere a tutti i bisogni delle figlie per effetto dell’affidamento congiunto continua a gravare paritariamente sui genitori; a pag. 10 affermano invece che per effetto dell’affidamento congiunto il pari contributo va inteso come concorrente. Non v’è dubbio che vi sia insanabile contrasto tra misura paritaria (che implica che entrambi i genitori contribuiscano nella stessa misura al mantenimento delle figlie) e obbligo concorrente (che invece nulla ha a che fare con la determinazione della quota gravante su ciascun coniuge); la predetta motivazione, oltre che contraddittoria, nel senso dinanzi precisato, è, di fatto, inesistente.
Si aggiunge che fondata è l’originaria richiesta della P. in ordine alla richiesta di un assegno di mantenimento non inferiore a £10. 000.000 per ciascuna figlia sulla base delle situazioni patrimoniali dei coniugi.
Con il terzo motivo, infine, si deduce violazione degli artt. 156 c.c. e 710 c.p.c. in ordine al rigetto del reclamo incidentale della P. avente ad oggetto la richiesta di un assegno di mantenimento in suo favore.
Si fa presente in proposito che la Corte di appello di Lecce, invece, pur preso atto della contrazione dei redditi della P: e il conseguente deterioramento del tenore di vita, quindi, dopo aver accertato la sussistenza, in astratto degli estremi dell’art. 156 c.c., ha negato l’assegno di mantenimento, stabilendo che, per la sua concessione fosse necessaria non solo e non soltanto l’accertata contrazione reddituale, ma altresì che tale contrazione avesse efficacia definitiva e durata nel tempo; si aggiunge che non può sussistere alcun dubbio in ordine al diritto dell’odierna ricorrente principale di ottenere un contributo al proprio mantenimento non inferiore a euro 5,164,00 mensili, stante la rilevante consistenza del patrimonio della controparte.
Preliminarmente deve osservarsi che il ricorso è ammissibile e conseguentemente non merita accoglimento la tesi in proposito sostenuta dal resistente nel controricorso.
In tema, infatti, di ricorribilità per cassazione, ex art. 111 Cost., dei provvedimento resi in sede di modifica delle condizioni di separazione (o di divorzio), riguardanti l’affidamento e i rapporti con genitore non affidatario (oltre che il mantenimento dei figli) ex art. 155 c.c., e pronunciati in sede di reclamo, il collegio ritiene di aderire al più recente, ma al tempo stesso già consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte (tra le altre, Cass. n. 24265/2004 2348/2005) secondo cui l’applicazione delle forme camerali, pur non rendendo più proponibile il ricorso ordinario ex art. 360 c.p.c. (precluso dall’art. 739, co. 3, c.p.c.), non ha inciso sulla natura contenziosa del procedimento (che si svolge nel contraddittorio delle parti e si conclude con un decreto che ha natura sostanziale di sentenza), per cui detti provvedimenti riguardanti i rapporti con i figli ed emanati ai sensi di detto art. 155 c.c. hanno natura decisoria e definitiva, senza che tale aspetti, da riferire alla situazione esistente al momento della decisione, vengano meno per essere gli stessi suscettibili di revisione in ogni tempo.
Inoltre, riguardando tali provvedimenti diritti soggettivi incidenti sulla vita della prole, non trova alcuna giustificazione la più datata affermazione giurisprudenziale che distingue tra provvedimenti di separazione riguardanti i coniugi e provvedimenti di separazione riguardanti i figli.
Fondato è, poi, il primo motivo di ricorso.
Censurabile è, infatti, la decisione in esame la Corte afferma (pag. 9), pur ritenendo opportuna la scelta, consensualmente adottata dai coniugi, di affidamento congiunto delle figlie m0inori, che detto affidamento congiunto comporta che l’onere di provvedere a tutti i bisogni delle figlie debba continuare a gravare paritariamente sui genitori, con l’ulteriore conseguenza di rigetto della domanda dia assegno proposta dalla P.
Erra in modo evidente la Corte territoriale nell’attribuire all’affidamento congiunto una valenza patrimoniale prescindendo dalla considerazione che lo stesso, fondato sull’esclusivo interesse del minore, attiene alla sua qualità di vita.
Giova ricordare in proposito che l’art. 6 della legge n. 898/70, come modificato dall’art. 11 della legge n. 74/87, applicabile analogicamente alla separazione personale dei coniugi, nel disporre che ove il tribunale lo ritenga utile all’interesse dei minori, anche in relazione all’età degli stessi, può essere disposto l’affida,mento congiunto o alternato, fa indubbiamente riferimento ad un potere discrezionale del giudice del merito non sindacabile in Cassazione, sempre che la relativa scelta, oltre che essere logicamente e sufficientemente motivata, non si disancori dal parametro di valutazione del sereno sviluppo del minore, erroneamente integrando lo stesso con considerazioni di ordine patrimoniale.
In sostanza, detto affidamento congiunto, ove disposto non può comportare necessariamente, in ordine al mantenimento dei figli, un pari obbligo patrimoniale a carico dei genitori, nel senso che dall’affidamento congiunto debba discendere l’obbligo per ciascun coniuge di provvedere in via diretta al mantenimento dei figli.
Tale tipo di valutazione non può assolutamente essere consentita qualora si tenga conto che l’affidamento congiunto, come detto, attiene all’interesse del minore dal punto di vista del suo sviluppo, del suo equilibrio psico- fisico, anche in considerazione di situazioni socio- ambientali, del perpetuarsi dello schema educativo già sperimentato durante il matrimonio, mentre la corresponsione dell’assegno i mantenimento per i figli ha natura patrimoniale- assistenziale (cd assistenza materiale), ed è finalizzata a sostenere le spese necessarie per consentire le attività dirette a detto sviluppo psico- fisico del minore (senza esclusione del relativo obbligo in caso di raggiungimento della maggiore età da parte dei figli, ove detto assegno si renda comunque necessario).
In definitiva, l’affidamento congiunto è istituto che, per le sue finalità riguardanti l’interesse dei figli, non esclude l’obbligo del versamento di un contributo, ove ne sussistano i presupposti, a favore del genitore con il quale i figli stessi convivono.
In proposito, è da rilevare come anche la recente legge n. 54/2006, recante disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, pur se successiva alla data dell’impugnata decisione, introduca il cd principio della bigenitorialità, con ciò ovviamente privilegiando l’interesse esistenziale del minore e prescindendo, in particolare, sia dal rapporto patrimoniale tra i due ex coniugi, sia dagli aspetti economici riguardanti la vita del minore, autonomamente disciplinati da co. 4 di detto art. 155 c.c., in cui è previsto che ciascuno dei genitori provvede al mantenimenti dei figli in misura proporzionale al proprio reddito che il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, sulla base di vari parametri, tra cui le risorse economiche di entrambi i genitori.
È un’ulteriore e definitiva conferma che l’affidamento congiunto non può certo far venir meno l’obbligo patrimoniale di uno dei due genitori a contribuire, con la corresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza.
Ne consegue che censurabile è la decisione in esame la dove ha erroneamente fatto derivare, come conseguenza automatica, dall’affidamento congiunto il principio che ciascun genitore provvede in modo diretto ed autonomo alle esigenze dei figli.
È da rilevare, poi, in relazione alla vicenda in esame, che, pur essendo venuto meno l’affidamento in oggetto per essere le figlie divenute nel frattempo maggiorenni, tale circostanza non modifica per il giudice del rinvio i termini della questione, perdurando l’obbligo del mantenimento, indipendentemente dal raggiungimento della maggiore età, finché le figlie non diventino autosufficienti dal punto di vista economico.
Assorbito in quanto esposto è il secondo motivo di ricorso.
Inammissibile è, invece, il terzo motivo: infatti, la Corte di merito, con logiche e sufficienti argomentazioni, ha disatteso la domanda di assegno proposta dalla odierna ricorrente sulla base di una serie di considerazioni in fatto, non ritenendo, tra l’altro, la contrazione dei redditi della stessa in misura tale da giustificare la corresponsione di detto assegno e valutando in concreto la sua capacità professionale e la frequente partecipazione a spettacoli, mostre ed altri eventi (rilevando tali dati dalla documentazione processuale); tali elementi non sono ovviamente riesaminabili o ulteriormente valutabili nella presente sede di legittimità, atteso che, secondo constante indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, pienamente condivisibile, nella determinazione del diritto all’assegno di mantenimento a favore di uno dei due coniugi, e del relativo importo, a seguito di sentenza di separazione, sulla base dei previsti parametri di valutazione (la non titolarità di adeguati redditi che consentano al richiedente un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e la sussistenza di una disparità economica tra le parti), il relativo apprezzamento dei fatti è compito spettante esclusivamente al giudice del merito, e, come tale, non censurabile in Cassazione ove immune, come nel caso in esame, da vizi di motivazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; dichiara inammissibile il terzo motivo di ricorso.
Cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, alla Corte di appello di Lecce in diversa composizione.
Roma, 27/2/2006.
Depositata in Cancelleria il 18 agosto 2006

Tratto dal sito IURECONSULT

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Affidamento congiunto ed assegno di mantenimento dei figli. Una sentenza

Affidamento congiunto ed assegno di mantenimento dei figli. Cassazione civile , sez. I, sentenza 18.08.2006 n° 18187

Tratto dal sito ALTALEX

In caso di affidamento congiunto il genitore obbligato deve provvedere al mantenimento dei figli in maniera diretta, o piuttosto deve continuare a versare un assegno di mantenimento a favore del coniuge con il quale i figli convivono?



Affidamento congiunto ed assegno di mantenimento dei figli

(Cass. Civile sez. I , sentenza n. 18187 del 18.08.2006)

di Luisa D’Alessio

(Articolo tratto da Altalex Mese n. 12/2006)

Il quesito:

  • Nel caso di affidamento congiunto del figlio minore è dovuto il versamento dell’assegno di mantenimento?

Il caso.

In data 27.05.1999 i coniugi C. e P. si separano consensualmente, con verbale omologato dal Tribunale di Brindisi. Le figlie minori vengono affidate congiuntamente ai genitori, pur continuando a vivere con il padre, nel verbale viene espressamente previsto il reciproco impegno dei coniugi a provvedere al mantenimento delle figlie attraverso il loro pari concorso.

Nel 2000 la madre si trasferisce a Roma, portando con se le figlie e chiedendo al Tribunale di Brindisi l’affidamento esclusivo delle minori.

La richiesta viene accolta, con provvedimento del 14.11.2001, assieme a quella della corresponsione di un assegno di mantenimento da parte del padre, a favore delle figlie. Avverso tale provvedimento C. propone reclamo alla Corte d’Appello di Lecce, lamentando che i provvedimenti riguardo alla prole, emanati dal Tribunale di Brindisi, hanno natura palesemente decisoria e sono incompatibili con la forma del decreto adottata. La Corte accoglie il reclamo e dichiara la nullità del provvedimento emesso dal Tribunale.

Questo, nuovamente adito, con decreto del 06.02.2002, conferma quanto già stabilito nel 2001, precisando che l’obbligo economico del C. costituisce contributo al mantenimento.

Il C. presenta nuovamente reclamo alla Corte d’Appello, chiedendo la revoca del decreto, sia nella parte con cui veniva disposto l’affidamento delle figlie alla madre, sia in quella che prevedeva la corresponsione dell’assegno di mantenimento, ritenendo che, avendo ottenuto l’affidamento congiunto, null’altro doveva essere dato a titolo di mantenimento.

La P. interviene presentando domanda riconvenzionale nella quale chiede la rideterminazione del contributo per il mantenimento delle figlie, e la corresponsione di un assegno per il proprio mantenimento. La Corte accoglie il reclamo di C..

La ex moglie ricorre per Cassazione ai sensi dell’art. 111 cost.

Sintesi della questione. La problematica.

La Corte di Cassazione è chiamata a risolvere il problema se, in caso di affidamento congiunto, il genitore sia chiamato a provvedere al mantenimento dei figli in maniera diretta, o piuttosto debba continuare a versare un assegno di mantenimento a favore del coniuge con il quale i figli convivono.

La normativa.

art. 147 Doveri verso i figli

Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.

art. 148 Concorso negli oneri

I coniugi devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole.
Il decreto notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo (Cod. Proc. Civ. 474), ma le parti ed il terzo debitore, possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica.
L'opposizione è regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.
Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.

Art. 155 Provvedimenti riguardo ai figli

Il giudice che pronunzia la separazione dichiara a quale dei coniugi i figli sono affidati e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa.
In particolare il giudice stabilisce la misura e il modo con cui l'altro coniuge deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi.
Il coniuge cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i coniugi. Il coniuge cui i figli non siano affidati ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.
L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli.
Il giudice dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e, nell'ipotesi che l'esercizio della potestà sia affidato ad entrambi i genitori, il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale.
In ogni caso il giudice può per gravi motivi ordinare che la prole sia collocata presso una terza persona o, nella impossibilità, in un istituto di educazione (Cod. Proc. Civ. 710).
Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al contributo al loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell'accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice.
I coniugi hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della potestà su di essi e le disposizioni relative alla misura e alle modalità del contributo.

La soluzione accolta dalla Suprema Corte.

La Corte ha innanzi tutto affermato che il decreto con il quale vengono emanati i provvedimenti riguardanti i figli, ai sensi dell’art. 155 c.c., ha natura decisoria, e tale natura non viene meno per il fatto che detti provvedimenti sono suscettibili di revisione in ogni tempo, dunque è ammesso il ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.

La Corte ha inoltre accolto la richiesta di assegno di mantenimento inoltrata dalla madre, chiarendo la differenza sostanziale che intercorre tra l’affidamento congiunto e l’assegno di mantenimento. L’affidamento congiunto, disposto nell’esclusivo interesse morale dei minori, è volto a soddisfare esigenze affettive ed ha come finalità lo sviluppo dell’equilibrio psico- fisico del minore.

La corresponsione dell’assegno ha invece natura patrimoniale- assistenziale, ed è finalizzata a sostenere le spese necessarie allo sviluppo dei ragazzi.

Dunque, laddove venga disposto l’affidamento congiunto dei figli il genitore non potrà invocare un diritto a concorrere al mantenimento dei figli in maniera diretta, incidendo la statuizione solo sulla qualità del rapporto genitori figli, ma non sulle modalità del mantenimento, che risultano invariate rispetto a quelle generalmente applicate in caso di affidamento ad un solo coniuge.

Detto principio, come la Corte chiarisce, si applica anche nel caso di affidamento condiviso ai sensi della l. 54/2006. Il diritto alla bigenitorialità è volto a garantire al minore il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, ma non ha alcun contenuto patrimoniale. Gli aspetti economici continueranno ad essere disciplinati dalle statuizioni dell’art. 155 comma 4.

Fonte: ALTALEX

Il diritto di amare

Pubblico questo splendido articolo apparso sul sito TEATRO NATURALE che ringrazio.

"Rileggendo un’intervista rilasciata a Donna Moderna dall’avvocato Anna Bernardini De Pace (vedi link) non posso fare a meno di fare alcuni commenti.
Innanzitutto vorrei sottolineare di non essere un padre frustrato dal momento che, non essendo separato da mia moglie,ho avuto la grazia di poter stare con mia figlia, eppure condivido in pieno la causa delle associazioni dei padri e delle madri separate, in quanto genitore e non in quanto maschio.

L’avvocato sostiene che questa legge è stata voluta da alcuni padri frustrati.
Testuale dall’articolo su citato
«Questa legge è scritta male, in fretta. E si presta anche a troppe interpretazioni. Non si capisce neppure qual è il tribunale competente per i casi che riguardano i figli delle coppie non sposate. Quello dei minori o quello ordinario? Intanto ci sono già cause bloccate. Il vero problema è che è stata pensata per accontentare le richieste di pochi padri frustrati. Non tiene conto dei bisogni di bambini e ragazzi. Anzi, li mette al centro di un terribile gioco di potere fra adulti. Mica possiamo pensare che due separati andranno d’accordo solo perché glielo impone la legge».

Pochi padri frustrati? Non credo che siano pochi e, in ogni caso, qualunque genitore sarebbe frustrato se non potesse più far parte della vita dei propri figli.

Testuale dall’articolo
«Sono realista. Ho visto troppi dispetti fatti tra ex che non pensano alle conseguenze per i figli. Purtroppo alla base della riforma c'è l'ignoranza dei meccanismi psicologici che scattano quando ci si lascia».Le novità sono state fortemente volute dalle associazioni dei padri separati, che con la vecchia legge si sentivano esclusi dalla vita dei figli.«Sono stati bravissimi a fare lobby».

Non pensa che un po' di ragioni le abbiano avute nella loro battaglia?
«Ci sono madri monopolizzanti, terribili, questo è vero. E forse c’è stata un'applicazione troppo rigida delle norme precedenti. Ma se la maggior parte dei figli venivano affidati alle donne era perché la maggioranza dei padri non prendevano neppure in considerazione una soluzione diversa. Non si erano mai occupati dei bambini prima, figuriamoci se avevano voglia di farlo dopo la separazione. Con questa legge per pochi si farà del male a molti».

A quanti padri è stato permesso di occuparsi dei propri figli? Sarà anche vero che molti padri non si sono occupati dei bambini, sicuramente altrettanti, però, si saranno occupati dei propri figli, proprio come una madre. Siamo ancora qui a raccontarci la favola che quasi la totalità degli affidamenti esclusivi sia andato alle donne perché l’uomo non era in grado di gestire un figlio? Ma per favore. Non è che per caso era più comodo non applicare la legge sulla bigenitorialità in modo da non abbattere un tabù, un luogo comune che dipinge l’uomo incapace? Non sarà che questo ‘andazzo’ è servito a qualche categoria? Meglio non addentrarsi sul discorso delle lobby perché non so da quale parte ce ne siano di più.
Credo che nel nostro paese ci siano ottime madri e ottimi padri, la cosa più logica è non privare i figli di nessuno dei due genitori.
La legge per l’affidamento congiunto dovrebbe essere applicata e basta, senza ‘ma’ e senza ‘se’.
La conflittualità aumenta quando a un genitore si dà tutto il potere e all’altro niente.
Urge un garante, un tutor che difenda i diritti dei figli, tra questi diritti c’è anche quello di continuare ad avere una mamma e un papà, se entrambi sono in vita. Se i genitori non vanno d’accordo sarà peggio per loro, dovranno gestirsi l’affidamento congiunto perché nessuno dei due potrà prevaricare sull’altro.

Vorrei concludere dicendo che non tutti sono Vip come i clienti dell’avvocato De Pace, la maggior parte è gente comune. Non solo padri, ma anche: madri; nonni; parenti; nuovi compagni e, soprattutto, figli.
Per il resto sono completamente d’accordo sul fatto che questa legge così come esposta nel testo lascia ancora molti dubbi e troppe ambiguità. Senza contare che non si parla nemmeno della sottrazione di minore.

Dedicato a tutti quei piccini a cui qualcosa, o qualcuno, ha negato di stare con uno o entrambi i genitori. Ringrazio Viviana di Latina per avermi richiesto la traduzione di ‘Nenia’. Colgo l’occasione per augurare a lei e a tutti quelli che per ingiusti motivi hanno perso il privilegio di veder crescere i propri bambini, di riuscire un giorno a riabbracciarli.
Anche alla ragazza ‘madre’ di Vercelli, L.B., a cui hanno tolto la figlia perché accusata di trascurarla per il lavoro. Mi chiedo come mai non hanno pensato di darle un sussidio. Ora la piccola, oltre a non avere un padre, che alla sua nascita si è eclissato, non avrà neppure una mamma.
Un pensiero a quei bambini rimasti orfani per la follia dei genitori, i quali, piuttosto di mediare, si sono macchiati di crimini o sono ricorsi ad atti estremi.
Dedicato al nostro sistema e a chi ha il compito di decidere sulla vita altrui.

La luce attraversa la tua finestra… solo quella mi resta.
Il ricordo dei tuoi occhi da bambina e la dolcezza che provavo quando stringevi la mia mano. Il tuo sorriso che incanta, il cuore in gola..
c’è un uomo che piange per te.
Lo sai che non ho potuto scegliere malgrado ti amassi sopra ogni cosa. Con tenerezza io ti amo, quante notti ti ho cullata, questa ninna nanna ti ho cantato …
è doloroso dirti addio.

Dormi piccolina, zitta zitta bambina mia
So che mi ascolti, è il tuo papà che canta.
Lascerò vuota la croce del mio dolore,
non voglio più soffrire, non voglio lasciarti.
L’amore è sempre amore e non ascolta ragioni.
Lascerò vuota la croce del mio dolore.

Vagherò per il mondo impazzito ma nel mio cuore ci sarai sempre.
Sei tu la mia bambina,
la carezza più importante.
Lascerò vuota la croce e le sopportazioni
mentre la luna dolcemente si addormenterà tra le tue ciglia.



Cosmo de la Fuente
"


dal sito TEATRO NATURALE

giovedì 26 aprile 2007

Alcuni cenni

Cenni di Diritto Matrimoniale

Ecco quello che dice la costituzione italiana sul matrimonio.

ARTICOLO 29

1.
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
2.
Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.


ARTICOLO 30

1.
E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.
2.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
3.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.


ARTICOLO 31

1.
La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
2.
Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

Ecco quello che dice il Codice Civile italiano sul matrimonio.

Libro I - Titolo IV - Capo I

La promessa di matrimonio


ARTICOLO 79

Effetti
La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento.


ARTICOLO 80

Restituzione dei doni.

1.
Il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto (785).
2.
La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno in cui s’è avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti (2964ss.).


ARTICOLO 82

Matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico.
Il matrimonio celebrato davanti a un ministro del culto cattolico è regolato in conformità del Concordato della Santa Sede e delle leggi speciali sulla materia.

Libro I - Titolo IV - Capo III

Matrimonio celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile

Sezione I
Condizione necessarie per contrarre matrimonio

ARTICOLO 84

I minori di età non possono contrarre matrimonio.
Il tribunale, su istanza dell'interessato, accerta la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, può con decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto sedici anni.
Il decreto è comunicato al pubblico ministero, agli sposi, ai genitori o al tutore.
Contro il decreto può essere proposto reclamo, con ricorso alla corte d'appello, nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione.
La corte d'appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in camera di consiglio.
Il decreto acquista efficacia quando è decorso il termine previsto nel quarto comma, senza che sia stato proposto reclamo.

ARTICOLO 85

Inderdizione per infermità di mente.
Non può contrarre matrimonio l'interdetto per infermità di mente. Se l'istanza di interdizione è soltanto promossa, il pubblico ministero può chiedere che si sospenda la celebrazione del matrimonio; in tal caso la celebrazione non può aver luogo finché la sentenza che ha pronunziato sull'istanza non sia passata in giudicato.


ARTICOLO 86

Libertà di stato.
Non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio precedente.

ARTICOLO 87

Parentela, affinità, adozione e affiliazione.
Non possono contrarre matrimonio fra loro:

1.
gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali;
2.
i fratelli o le sorelle germani, consanguinei o uterini;
3.
lo zio e la nipote, la zia e il nipote;
4.
gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l'affinità deriva dal matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunciata la cessazione degli effetti civili;
5.
gli affini in linea collaterale in secondo grado;
6.
l'adottante, l'adottato e i suoi discendenti;
7.
i figli adottivi della stessa persona;
8.
l'adottato e i figli dell'adottante;
9.
l'adottato e il coniuge dell'adottante, l'adottante e il coniuge dell'adottato.

I divieti contenuti nei nn. 6, 7, 8 e 9 sono applicabili all'affiliazione.
I divieti contenuti nei nn. 2 e 3 si applicano anche se il rapporto dipende da filiazione naturale.
Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio nei casi indicati dai numeri 3 e 5, anche se si tratti di affiliazione o di filiazione naturale. L'autorizzazione può essere accordata anche nel caso indicato dal numero 4, quando l'affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo.
Il decreto è notificato agli interessati e al pubblico ministero.
Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'articolo 84.


ARTICOLO 88

Delitto.
Non possono contrarre matrimonio tra loro le persone delle quali l'una è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell'altra.
Se ebbe luogo soltanto rinvio a giudizio ovvero fu ordinata la cattura, si sospende la celebrazione del matrimonio fino a quando non è pronunziata sentenza di proscioglimento.


ARTICOLO 89

Divieto temporaneo di nuove nozze.
Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall'annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio. Sono esclusi dal divieto i casi in cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio siano stati pronunciati in baseall'articolo 3, numero 2, lettere b ed f , della legge 1° dicembre 1970, n. 898,e nei casi in cui il matrimonio sia stato dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto a generare, di uno dei coniugi.
Il tribunale con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio quando è inequivocabilmente escluso lo stato di gravidanza o se risulta da sentenza passata in giudicato che il marito non ha convissuto con la moglie nei trecento giorni precedenti lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dello articolo 84 e del comma quinto dell'articolo 87.
Il divieto cessa dal giorno in cui la gravidanza è terminata.


ARTICOLO 90

Assistenza del minore.
Con il decreto di cui all'articolo 84 il tribunale o la corte di appello nominano, se le circostanze lo esigono, un curatore speciale che assista il minore nella stipulazione delle convenzioni matrimoniali.


Sezione II
Formalità preliminari al matrimonio

ARTICOLO 93

Pubblicazione.
La celebrazione del matrimonio dev'essere preceduta dalla pubblicazione fatta a cura dell'ufficiale dello stato civile.
La pubblicazione consiste nell'affissione alla porta della casa comunale di un atto dove si indica il nome, il cognome, la professione, il luogo di nascita e la residenza degli sposi, se essi siano maggiori o minori di età, nonché il luogo dove intendono celebrare il matrimonio. L'atto deve anche indicare il nome del padre e il nome e il cognome della madre degli sposi, salvi i casi in cui la legge vieta questa menzione.

ARTICOLO 94

Luogo della pubblicazione.
La pubblicazione deve essere richiesta all'ufficiale dello stato civile del comune dove uno degli sposi ha la residenza ed è fatta nei comuni di residenza degli sposi.
Se la residenza non dura da un anno, la pubblicazione deve farsi anche nel comune della precedente residenza.

L'ufficiale dello stato civile cui si domanda la pubblicazione provvede a chiederla agli ufficiali degli altri comuni nei quali la pubblicazione deve farsi. Essi devono trasmettere all'ufficiale dello stato civile richiedente il certificato dell'eseguita pubblicazione.


ARTICOLO 95

Durata della pubblicazione.
L'atto di pubblicazione resta affisso alla porta della casa comunale almeno per otto giorni, comprendenti due domeniche successive.

ARTICOLO 96

Richiesta della pubblicazione.
La richiesta della pubblicazione deve farsi da ambedue gli sposi o da persona che ne ha da essi ricevuto speciale incarico.


ARTICOLO 97

Documenti per la pubblicazione.
Chi richiede la pubblicazione deve presentare all'ufficiale dello stato civile un estratto per riassunto dell'atto di nascita di entrambi gli sposi, nonché ogni altro documento necessario a provare la libertà degli sposi.
Coloro che esercitano o hanno esercitato la potestà debbono dichiarare all'ufficiale di stato civile al quale viene rivolta la richiesta di pubblicazione, sotto la propria personale responsabilità, che gli sposi non si trovano in alcuna delle condizioni che impediscono il matrimonio a norma dell'articolo 87, di cui debbono prendere conoscenza attraverso la lettura chiara e completa fatta dall'ufficiale di stato civile, con ammonizione delle conseguenze penali delle dichiarazioni mendaci.
La dichiarazione prevista al comma precedente è resa e sottoscritta dinanzi all'ufficiale di stato civile ed autenticata dallo stesso. Si applicano le disposizioni degli articoli 20, 24 e 26 della legge 4 gennaio 1968, n.15.
In difetto della dichiarazione prevista nel secondo comma, l'ufficiale di stato civile accerta d'ufficio, esclusivamente mediante esame dell'atto integrale di nascita, l'assenza di impedimento di parentela o di affinità a termini e per gli effetti di cui all'articolo 87.
Qualora i richiedenti non presentino i documenti necessari, l'ufficiale di stato civile provvede su loro domanda a richiederli.


ARTICOLO 98

Rifiuto della pubblicazione.
L'ufficiale dello stato civile che non crede di poter procedere alla pubblicazione rilascia un certificato coi motivi del rifiuto.
Contro il rifiuto è dato ricorso al tribunale, che provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.


ARTICOLO 99

Termine per la celebrazione del matrimonio.
Il matrimonio non può essere celebrato prima del quarto giorno dopo compiuta la pubblicazione. Se il matrimonio non è celebrato nei centottanta giorni successivi, la pubblicazione si considera come non avvenuta.


ARTICOLO 100

Riduzione del termine e omissione della pubblicazione.
Il tribunale, su istanza degli interessati, con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può ridurre, per gravi motivi, il termine della pubblicazione. In questo caso la riduzione del termine è dichiarata nella pubblicazione.
Può anche autorizzare, con le stesse modalità, per cause gravissime, l'omissione della pubblicazione, quando venga presentato un atto di notorietà con il quale quattro persone, ancorché parenti degli sposi, dichiarano con giuramento, davanti al pretore del mandamento di uno degli sposi, di ben conoscere, indicando esattamente il nome e cognome, la professione e la residenza dei medesimi e dei loro genitori, e assicurano sulla loro coscienza che nessuno degli impedimenti stabiliti dagli articoli 85, 86, 87, 88 e 89 si oppone al matrimonio.
Il pretore deve far precedere all'atto di notorietà la lettura di detti articoli e ammonire i dichiaranti sull'importanza della loro attestazione e sulla gravità delle possibili conseguenze.
Quando è stata autorizzata l'omissione della pubblicazione, gli sposi, per essere ammessi alla celebrazione del matrimonio, devono presentare all'ufficiale dello stato civile, insieme col decreto di autorizzazione, gli atti previsti dall'articolo 97.


ARTICOLO 101

Matrimonio in imminente pericolo di vita.
Nel caso di imminente pericolo di vita di uno degli sposi, l'ufficiale dello stato civile del luogo può procedere alla celebrazione del matrimonio senza pubblicazione e senza l'assenso del matrimonio, se questo è richiesto, purché gli sposi prima giurino che non esistono tra loro impedimenti non suscettibili di dispensa.
L'ufficiale dello stato civile dichiara nell'atto di matrimonio il modo con cui ha accertato l'imminente pericolo di vita.

Libro I - Titolo IV - Capo III

Opposizioni al matrimonio

ARTICOLO 102

Persone che possono fare opposizione.
I genitori e, in mancanza loro, gli altri ascendenti e i collaterali entro il terzo grado possono fare opposizione al matrimonio dei loro parenti per qualunque causa che osti alla sua celebrazione.
Se uno degli sposi è soggetto a tutela o a curatela, il diritto di fare opposizione compete anche al tutore o al curatore.
Il diritto di opposizione compete anche al coniuge della persona che vuole contrarre un altro matrimonio.
Quando si tratta di matrimonio in contravvenzione all'articolo 89, il diritto di opposizione spetta anche, se il precedente matrimonio fu sciolto, ai parenti del precedente marito e, se il matrimonio fu dichiarato nullo, a colui col quale il matrimonio era stato contratto e ai parenti di lui.
Il pubblico Ministero deve sempre fare opposizione al matrimonio, se sa che vi osta un impedimento o se gli consta l'infermità di mente di uno degli sposi, nei confronti del quale, a causa dell'età, non possa essere promossa l'interdizione.

ARTICOLO 103

Atto di opposizione.
L'atto di opposizione deve dichiarare la qualità che attribuisce all'opponente il diritto di farla, le cause dell'opposizione, e contenere l'elezione di domicilio nel comune dove siede il tribunale nel cui territorio si deve celebrare il matrimonio.
L'atto deve essere notificato nella forma della citazione agli sposi e all'ufficiale dello stato civile del comune nel quale il matrimonio deve essere celebrato.


ARTICOLO 104

Effetti dell'opposizione.
L'opposizione fatta da chi ne ha facoltà, per causa ammessa dalla legge, sospende la celebrazione del matrimonio sino a che con sentenza passata in giudicato sia rimossa l'opposizione.
Se l'opposizione è respinta, l'opponente, che non sia un ascendente o il pubblico ministero, può essere condannato al risarcimento dei danni.

Libro I - Titolo IV - Capo III

Sezione IV
Celebrazione del matrimonio

ARTICOLO 106

Luogo della celebrazione.
Il matrimonio deve essere celebrato pubblicamente nella casa comunale davanti all'ufficiale dello stato civile al quale fu fatta la richiesta di pubblicazione.

ARTICOLO 107

Forma della celebrazione.
L'atto di opposizione deve dichiarare la qualità che attribuisce all'opponente il diritto di farla, le cause dell'opposizione, e contenere l'elezione di domicilio nel comune dove siede il tribunale nel cui territorio si deve celebrare il matrimonio.
L'atto deve essere notificato nella forma della citazione agli sposi e all'ufficiale dello stato civile del comune nel quale il matrimonio deve essere celebrato.


ARTICOLO 108

Inapponibilita' di termini e condizioni.
La dichiarazione degli sposi di prendersi rispettivamente in marito e in moglie non può essere sottoposta né a termine né a condizione.
Se le parti aggiungono un termine o una condizione l'ufficiale dello stato civile non può procedere alla celebrazione del matrimonio.
Se ciò nonostante il matrimonio è celebrato, il termine e la condizione si hanno per non apposti.

ARTICOLO 109

Celebrazione in un comune diverso.
Quando vi è necessità o convenienza di celebrare il matrimonio in un comune diverso da quello indicato nell'articolo 106, l'ufficiale dello stato civile, trascorso il termine stabilito nel primo comma dell'articolo 99, richiede per iscritto all'ufficiale del luogo dove il matrimonio si deve celebrare.
La richiesta è menzionata nell'atto di celebrazione e in esso inserita. Nel giorno successivo alla celebrazione del matrimonio, l'ufficiale davanti al quale esso fu celebrato invia, per la trascrizione, copia autentica dell'atto all'ufficiale da cui fu fatta la richiesta.

ARTICOLO 110

Celebrazione fuori della casa comunale.
Se uno degli sposi, per infermità o per altro impedimento giustificato all'ufficio dello stato civile, è nell'impossibilità di recarsi alla casa comunale, l'ufficiale si trasferisce col segretario nel luogo in cui si trova lo sposo impedito, e ivi, alla presenza di quattro
testimoni, procede alla celebrazione del matrimonio secondo l'articolo 107.


ARTICOLO 111

Celebrazione per procura.
I militari e le persone che per ragioni di servizio si trovano al seguito delle forze armate possono, in tempo di guerra, celebrare il matrimonio per procura.
La celebrazione del matrimonio per procura può anche farsi se uno degli sposi risiede all'estero e concorrono gravi motivi da valutarsi dal tribunale nella cui circoscrizione risiede l'altro sposo. L'autorizzazione è concessa con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.
La procura deve contenere l'indicazione della persona con la quale il matrimonio si deve contrarre.
La procura deve essere fatta per atto pubblico; i militari e le persone al seguito delle forze armate, in tempo di guerra, possono farla nelle forme speciali ad essi consentite.
Il matrimonio non può essere celebrato quando sono trascorsi centottanta giorni da quello in cui la procura è stata rilasciata.
La coabitazione, anche temporanea, dopo la celebrazione del matrimonio, elimina gli effetti della revoca della procura ignorata dall'altro coniuge al momento della celebrazione.

ARTICOLO 112

Rifiuto della celebrazione.
L'ufficiale dello stato civile non può rifiutare la celebrazione del matrimonio se non per una causa ammessa dalla legge.
Se la rifiuta, deve rilasciare un certificato con l'indicazione dei motivi.
Contro il rifiuto è dato ricorso al tribunale che provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.

ARTICOLO 113

Matrimonio celebrato davanti a un apparente ufficiale dello stato civile.
Si considera celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile il matrimonio che sia stato celebrato dinanzi a persona la quale, senza avere la qualità di ufficiale dello stato civile, ne esercitava pubblicamente le funzioni, a meno che entrambi gli sposi, al momento della celebrazione, abbiano saputo che la detta persona non aveva tale qualità.

Libro I - Titolo IV - Capo III

SezioneV
Matrimonio dei cittadini in paese straniero e degli stranieri nella Repubblica

ARTICOLO 115

Matrimonio del cittadino all'estero.
Il cittadino è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione prima di questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le forme ivi stabilite.
La pubblicazione deve anche farsi nella Repubblica a norma degli articoli 93, 94 e 95. Se il cittadino non risiede nella Repubblica, la pubblicazione si fa nel comune dell'ultimo domicilio.


ARTICOLO 116

Matrimonio dello straniero nella Repubblica.
Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nella Repubblica deve presentare all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell'autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio.
Anche lo straniero è tuttavia soggetto alle disposizioni contenute negli articoli 85, 86, 87, numeri 1, 2 e 4, 88 e 89.
Lo straniero che ha domicilio o residenza nella Repubblica deve inoltre far fare la pubblicazione secondo le disposizioni di questo
codice

Libro I - Titolo IV - Capo III

Sezione VI
Nullità del matrimonio

ARTICOLO 117

Matrimonio contratto con violazione degli articoli 84, 86, 87 e 88.
Il matrimonio contratto con violazione degli articoli 86, 87 e 88 può essere impugnato dai coniugi, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano per impugnarlo un interesse legittimo e attuale.
Il matrimonio contratto in violazione dell'articolo 84 può essere impugnato dai coniugi, da ciascuno dei genitori e dal pubblico ministero. La relativa azione di annullamento può essere proposta personalmente dal minore non oltre un anno dal raggiungimento della maggiore età. La domanda, proposta dal genitore o dal pubblico ministero, deve essere respinta ove, anche in pendenza del giudizio, il minore abbia raggiunto la maggiore età ovvero vi sia stato concepimento o procreazione e in ogni caso sia accertata la volontà del minore di mantenere in vita il vincolo matrimoniale.
Il matrimonio contratto dal coniuge dell'assente non può essere impugnato finché dura l'assenza.
Nei casi in cui si sarebbe potuta accordare l'autorizzazione ai sensi del quarto comma dell'articolo 87, il matrimonio non può essere impugnato dopo un anno dalla celebrazione.
La disposizione del primo comma del presente articolo si applica anche nel caso di nullità del matrimonio previsto dall'articolo 68.


ARTICOLO 119

Interdizione.
Il matrimonio di chi è stato interdetto per infermità di mente può essere impugnato dal tutore, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo se, al tempo del matrimonio, vi era già sentenza di interdizione passata in giudicato, ovvero se la interdizione è stata pronunziata posteriormente ma l'infermità esisteva al tempo del matrimonio. Può essere impugnato, dopo revocata l'interdizione, anche dalla persona che era interdetta.
L'azione non può essere proposta se, dopo revocata l'interdizione, vi è stata coabitazione per un anno.


ARTICOLO 120

Incapacità di intendere o di volere.
Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi che, quantunque non interdetto, provi di essere stato incapace di
intendere o di volere, per qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione del matrimonio.
L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che il coniuge incapace ha recuperato la pienezza
delle facoltà mentali.


ARTICOLO 122

Violenza ed errore.
Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne allo sposo.
Il matrimonio può altresì essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato dato per effetto di errore sull'identità della persona o di errore essenziale su qualità personali dell'altro coniuge.
L'errore sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute presenti le condizioni dell'altro coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il suo consenso se l'avesse esattamente conosciute e purché l'errore riguardi:

1.
l'esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita
coniugale;
2.
l'esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore a cinque anni, salvo il caso di
intervenuta riabilitazione prima della celebrazione del matrimonio. L'azione di annullamento non può essere proposta prima che la
sentenza sia divenuta irrevocabile;
3.
la dichiarazione di delinquenza abituale o professionale;
4.
la circostanza che l'altro coniuge sia stato condannato per delitti concernenti la prostituzione a pena non inferiore a due anni.
L'azione di annullamento non può essere proposta prima che la condanna sia divenuta irrevocabile;
5.
lo stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto caduto in errore, purché vi sia stato disconoscimento ai sensi dell'articolo 233, se la gravidanza è stata portata a termine. L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che siano cessate la violenza o le cause che hanno determinato il timore ovvero sia stato scoperto l'errore.


ARTICOLO 123

Simulazione.
Il matrimonio può essere impugnato da ciascuno dei coniugi quando gli sposi abbiano convenuto di non adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti da esso discendenti.
L'azione non può essere proposta decorso un anno dalla celebrazione del matrimonio ovvero nel caso in cui i contraenti abbiano convissuto come coniugi successivamente alla celebrazione medesima.


ARTICOLO 124

Vincolo di precedente matrimonio.
Il coniuge può in qualunque tempo impugnare il matrimonio dell'altro coniuge; se si oppone la nullità del primo matrimonio, tale questione deve essere preventivamente giudicata.


ARTICOLO 125

Azione del pubblico Ministero.
L'azione di nullità non può essere promossa dal pubblico ministero dopo la morte di uno dei coniugi.


ARTICOLO 126

Separazione dei coniugi in pendenza del giudizio.
Quando è proposta domanda di nullità del matrimonio, il tribunale può, su istanza di uno dei coniugi, ordinare la loro separazione temporanea durante il giudizio; può ordinarla anche d'ufficio, se ambedue i coniugi o uno di essi sono minori o interdetti.


ARTICOLO 127

Intrasmissibilità dell'azione.
L'azione per impugnare il matrimonio non si trasmette agli eredi se non quando il giudizio è già pendente alla morte dell'attore.


ARTICOLO 128

Matrimonio putativo.
Se il matrimonio è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullità, quando i coniugi stessi lo hanno contratto in buona fede,
oppure quando il loro consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi.
Gli effetti del matrimonio valido si producono anche rispetto ai figli nati o concepiti durante il matrimonio dichiarato nullo, nonché rispetto ai figli nati prima del matrimonio e riconosciuti anteriormente alla sentenza che dichiara la nullità.
Se le condizioni indicate nel primo comma si verificano per uno solo dei coniugi, gli effetti valgono soltanto in favore di lui e dei figli.
Il matrimonio dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i coniugi, ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità dipenda da bigamia o incesto.
Nell'ipotesi di cui al comma precedente, i figli nei cui confronti non si verifichino gli effetti del matrimonio valido, hanno lo stato di figli naturali riconosciuti, nei casi in cui il riconoscimento è consentito.


ARTICOLO 129

Diritti dei coniugi in buona fede.
Quando le condizioni del matrimonio putativo si verificano rispetto ad ambedue i coniugi, il giudice può disporre a carico di uno di essi e per un periodo non superiore a tre anni l'obbligo di corrispondere somme periodiche di denaro, in proporzione alle sue sostanze, a favore dell'altro, ove questi non abbia adeguati redditi propri e non sia passato a nuove nozze.
Per i provvedimenti che il giudice adotta riguardo ai figli, si applica l'articolo 155.


ARTICOLO 129 bis

Responsabilità del coniuge in mala fede e del terzo.
Il coniuge al quale sia imputabile la nullità del matrimonio è tenuto a corrispondere all'altro coniuge in buona fede, qualora il matrimonio sia annullato, una congrua indennità, anche in mancanza di prova del danno sofferto. L'indennità deve comunque comprendere una somma corrispondente al mantenimento per tre anni. È tenuto altresì a prestare gli alimenti al coniuge in buona fede, sempre che non vi siano altri obbligati.
Il terzo al quale sia imputabile la nullità del matrimonio è tenuto a corrispondere al coniuge in buona fede, se il matrimonio è annullato, l'indennità prevista nel comma precedente.
In ogni caso il terzo che abbia concorso con uno dei coniugi nel determinare la nullità del matrimonio è solidamente responsabile con lo stesso per il pagamento dell'indennità.

Libro I - Titolo IV - Capo III

Sezione VII
Prove della celebrazione del matrimonio


ARTICOLO 130

Atto di celebrazione del matrimonio.
Nessuno può reclamare il titolo di coniuge e gli effetti del matrimonio, se non presenta l'atto di celebrazione estratto dai registri dello stato civile.
Il possesso di stato, quantunque allegato da ambedue i coniugi, non dispensa dal presentare l'atto di celebrazione.


ARTICOLO 131

Possesso di stato.
Il possesso di stato, conforme all'atto di celebrazione del matrimonio, sana ogni difetto di forma.


ARTICOLO 132

Mancanza dell'atto di celebrazione.
Nel caso di distruzione o di smarrimento dei registri dello stato civile l'esistenza del matrimonio può essere provata a norma dell'articolo 452.
Quando vi sono indizi che per dolo o per colpa del pubblico ufficiale o per un caso di forza maggiore l'atto di matrimonio non è stato inserito nei registri a ciò destinati, la prova dell'esistenza del matrimonio è ammessa, sempre che risulti in modo non dubbio un
conforme possesso di stato.


ARTICOLO 133

Prova della celebrazione risultante da sentenza penale.
Se la prova della celebrazione del matrimonio risulta da sentenza penale, l'iscrizione della sentenza nel registro dello stato civile assicura al matrimonio, dal giorno della sua celebrazione, tutti gli effetti riguardo tanto ai coniugi quanto ai figli.

Libro I - Titolo IV - Capo III

Sezione VIII
Disposizioni Penali


ARTICOLO 134

Omissione di pubblicazione.
Sono puniti con l'ammenda da lire ottantamila a lire
quattrocentomila gli sposi e l`ufficiale dello stato civile che hanno celebrato matrimonio senza che la celebrazione sia stata preceduta dalla prescritta pubblicazione.


ARTICOLO 135

Pubblicazione senza richiesta o senza documenti.
È punito con l'ammenda da lire quarantamila a lire
duecentomila l`ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla pubblicazione di un matrimonio senza la richiesta di cui all`articolo 96 o quando manca alcuno dei documenti prescritti dal primo comma dell`articolo 97.


ARTICOLO 136

Impedimenti conosciuti dall'ufficiale dello stato civile.
L`ufficiale dello stato civile che procede alla celebrazione del matrimonio, quando vi osta qualche impedimento o divieto di cui egli ha notizia, è punito con l'ammenda da lire centomila a lire seicentomila.


ARTICOLO 137

Incompetenza dell'ufficiale dello stato civile.
Mancanza dei testimoni.
È punito con l'ammenda da lire sessantamila a lire
quattrocentomila l`ufficiale dello stato civile che ha celebrato un matrimonio per cui non era competente.
La stessa pena si applica all`ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla celebrazione di un matrimonio senza la presenza dei testimoni.


ARTICOLO 138

Altre infrazioni.
È punito con l'ammenda stabilita nell`articolo 135
l`ufficiale dello stato civile che in qualunque modo contravviene alle disposizioni degli articoli 93, 95, 98, 99, 106, 107, 108, 109, 110 e 112 o commette qualsiasi altra infrazione per cui non sia stabilita una pena speciale in questa sezione.


ARTICOLO 139

Cause di nullità note a uno dei coniugi.
Il coniuge il quale, conoscendo prima della celebrazione una causa di nullità del matrimonio, l`abbia lasciata ignorare all`altro, è punito, se il matrimonio è annullato, con l'ammenda da lire ottantamila a lire quattrocentomila.


ARTICOLO 140

Inosservanza del divieto temporaneo di nuove nozze.
La donna che contrae matrimonio contro il divieto dell`articolo 89, l`ufficiale che lo celebra e l`altro coniuge sono puniti con l'ammenda da lire quarantamila a lire centosessantamila.

ARTICOLO 141

Competenza.
I reati previsti nei precedenti articoli sono di competenza del tribunale.


ARTICOLO 142

Limiti d`applicazione delle precedenti disposizioni.
Le disposizioni della presente sezione si applicano quando i fatti ivi contemplati non costituiscono reato più grave.

Libro I - Titolo IV - Capo IV

Diritti e doveri che nascono dal matrimonio

ARTICOLO 143

Diritti e doveri reciproci dei coniugi.

1.
Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
2.
Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.
3.
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.


ARTICOLO 143 BIS

Cognome della moglie.
La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze.


ARTICOLO 144

Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia.

1.
I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa.
2.
A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato.


ARTICOLO 147

Doveri verso i figli.
Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli