venerdì 27 aprile 2007

Affidamento Congiunto: altra sentenza

Affidamento congiunto ed assegno di mantenimento dei figli
Secondo la Cassazione, l’affidamento congiunto non esclude che entrambi i genitori continuino a contribuire al mantenimento dei figli, secondo le regole generali in materia di separazione e divorzio.
Per la Suprema Corte vanno rimarcate le differenti finalità assolte dall’affidamento congiunto e dall’assegno di mantenimento: l’uno attiene all’interesse esistenziale del minore e mira a tutelare il suo equilibrio psico-fisico, l’altro ha una lo scopo di realizzare la cd. assistenza materiale del minore, e ha una natura patrimoniale.
La soluzione della Corte è in sintonia con quanto prevede la L. 8 febbraio 2006, n. 54,: il legislatore ha introdotto il cd principio della bigenitorialità, con ciò ovviamente privilegiando l’interesse esistenziale del minore e prescindendo, in particolare, sia dal rapporto patrimoniale tra i due ex coniugi, sia dagli aspetti economici riguardanti la vita del minore, autonomamente disciplinati da co. 4 di detto art. 155 c.c., in cui è previsto che ciascuno dei genitori provvede al mantenimenti dei figli in misura proporzionale al proprio reddito che il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, sulla base di vari parametri, tra cui le risorse economiche di entrambi i genitori.
È un’ulteriore conferma che l’affidamento congiunto non può certo far venir meno l’obbligo patrimoniale di uno dei due genitori a contribuire, con la corresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
Sentenza 18 agosto 2006, n. 18187
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I coniugi C.A. e P.R., unitisi in matrimonio in data xxxx, e dalla cui unione sono nati quattro figli (Y. nata il xxx, Y, nato il xxx, C., nata il xxxx e R.Y. nata l’xxxxx), si separavano consensualmente innanzi al Tribunale di Brindisi, con verbale omologato in data 27/5/99.
Detti coniugi convenivano, con riferimento alle due figlie ancora minorenni C. e R.Y., che le stesse fossero affidate congiuntamente ai genitori e che vivessero però axxxx con il padre, e, quanto alla regolamentazione dei rapporti patrimoniali riguardanti il mantenimento delle stesse, nel verbale era espressamente previsto che i coniugi assumono reciproco impegno a provvedere congiuntamente al mantenimento delle figlie minori, attraverso loro pari concorso, nonché a soddisfare nella stessa misura ogni loro esigenza, anche straordinaria.
Veniva inoltre prevista l’assegnazione della casa coniugale al C. con la disponibilità per la P., che aveva rinunciato all’assegno di mantenimento, di due appartamenti contigui.
A seguito del trasferimento nel mag. 2000 della P. a Roma che, con il consenso del marito, aveva portato con se le figlie minori, la stessa chiedeva al Tribunale di Brindisi l’affidamento esclusivo delle figlie minori e la fissazione di un congruo assegno di mantenimento nella misura di £ 10.000.000 mensili per ciascuna figlia, con autorizzazione a procedere a sequestro conservativo sull’intero patrimonio coniugale.
Si costituiva il C. che, in via riconvenzionale, chiedeva l’affidamento esclusivo a se delle figlie minori e il Tribunale di Brindisi, con provvedimento del 14/11/2001, disponeva l’affidamento delle minori alla madre e poneva a carico del C. un assegno di mantenimento per ciascuna delle figlie di 6.000.000 mensili, oltre spese scolastiche, assicurative e di istruzione.
Avverso tale provvedimento proponeva reclamo il C. e la Corte di appello di Lecce, costituitasi la P., con decreto del 21/2/2002, rilevato che il provvedimento emesso dal Tribunale di Brindisi, per il suo contenuto sostanziale, aveva, quanto ad alcune statuizioni (compressa quella relativa all’affidamento della prole), natura palesemente decisoria, ritenuta la totale incompatibilità della forma del decreto parziale con i principi di celerità e di concentrazione che caratterizzano, anche nella fase decisoria, il procedimento camerale incentrato sulla pronuncia di un unico provvedimento definitivo, dichiarava la nullità del reclamato provvedimento.
Lo stesso tribunale, con decreto in data 6/2/2002, confermava i provvedimenti in tema di affidamento e di mantenimento di cui all’ordinanza 14/11/2001, precisando che l’obbligo economico del C. costituisce contributo di mantenimento.
Presentavano reclamo, in via principale, il C. (chiedendo revocarsi il provvedimento del tribunale relativamente alla conferma dell’affidamento e del mantenimento), nonché la P., in via incidentale (chiedendo la rideterminazione del contributo per il mantenimento delle figlie e l’attribuzione di un assegno per il proprio mantenimento) e la Corte di appello di Lecce, con il decreto in esame in data 4/4/2002, accoglieva per quanto di ragione il reclamo del C. e per l’effetto rigettava la domanda della P. (di cui al ricorso del 20/4/2001) e, per il resto, la domanda riconvenzionale.
Ricorre per cassazione ex art. 111 Cost. la P. con tre motivi; resiste con controricorso il C., che eccepisce, tra l’altro, l’inammissibilità del ricorso in quanto, se i provvedimenti che incidono sui diritti patrimoniali dei coniugi acquistano carattere di definitività e divengono immodificabili, i provvedimenti che riguardano i figli, di cui all’art. 155 c.c., sono privi del carattere di definitività e quindi non possono essere oggetto di ricorso straordinario per cassazione, ex art. 111 Cost.
Entrambe le parti hanno disposto memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce falsa applicazione degli artt.147, 148 e 155 e seg. c.c. [1] la dove la Corte territoriale ha erroneamente affermato che l’affidamento congiunto comporta l’onere di provvedere a tutti i bisogni delle figlie minori debba continuare a gravare paritariamente su entrambi i genitori; al riguardo si precisa che il pari contributo non va inteso come misura della quota di concorso negli oneri, ma come concorrente dovere, che trova la sua fonte primaria nell’art. 30 Cost. e che si impone a ciascun coniuge di far fronte alle suindicato esigenze dei figli: il che costituisce l’effetto necessario dell’affidamento congiunto.
Si censura in definitiva la sentenza in esame in quanto l’affidamento congiunto prescinde da un paritario obbligo di mantenimento.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce contraddittorietà della motivazione sul punto dell’assegno di mantenimento per le minori.
Si afferma in particolare che a pag. 9 i giudici salentini sostengono che l’onere di provvedere a tutti i bisogni delle figlie per effetto dell’affidamento congiunto continua a gravare paritariamente sui genitori; a pag. 10 affermano invece che per effetto dell’affidamento congiunto il pari contributo va inteso come concorrente. Non v’è dubbio che vi sia insanabile contrasto tra misura paritaria (che implica che entrambi i genitori contribuiscano nella stessa misura al mantenimento delle figlie) e obbligo concorrente (che invece nulla ha a che fare con la determinazione della quota gravante su ciascun coniuge); la predetta motivazione, oltre che contraddittoria, nel senso dinanzi precisato, è, di fatto, inesistente.
Si aggiunge che fondata è l’originaria richiesta della P. in ordine alla richiesta di un assegno di mantenimento non inferiore a £10. 000.000 per ciascuna figlia sulla base delle situazioni patrimoniali dei coniugi.
Con il terzo motivo, infine, si deduce violazione degli artt. 156 c.c. e 710 c.p.c. in ordine al rigetto del reclamo incidentale della P. avente ad oggetto la richiesta di un assegno di mantenimento in suo favore.
Si fa presente in proposito che la Corte di appello di Lecce, invece, pur preso atto della contrazione dei redditi della P: e il conseguente deterioramento del tenore di vita, quindi, dopo aver accertato la sussistenza, in astratto degli estremi dell’art. 156 c.c., ha negato l’assegno di mantenimento, stabilendo che, per la sua concessione fosse necessaria non solo e non soltanto l’accertata contrazione reddituale, ma altresì che tale contrazione avesse efficacia definitiva e durata nel tempo; si aggiunge che non può sussistere alcun dubbio in ordine al diritto dell’odierna ricorrente principale di ottenere un contributo al proprio mantenimento non inferiore a euro 5,164,00 mensili, stante la rilevante consistenza del patrimonio della controparte.
Preliminarmente deve osservarsi che il ricorso è ammissibile e conseguentemente non merita accoglimento la tesi in proposito sostenuta dal resistente nel controricorso.
In tema, infatti, di ricorribilità per cassazione, ex art. 111 Cost., dei provvedimento resi in sede di modifica delle condizioni di separazione (o di divorzio), riguardanti l’affidamento e i rapporti con genitore non affidatario (oltre che il mantenimento dei figli) ex art. 155 c.c., e pronunciati in sede di reclamo, il collegio ritiene di aderire al più recente, ma al tempo stesso già consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte (tra le altre, Cass. n. 24265/2004 2348/2005) secondo cui l’applicazione delle forme camerali, pur non rendendo più proponibile il ricorso ordinario ex art. 360 c.p.c. (precluso dall’art. 739, co. 3, c.p.c.), non ha inciso sulla natura contenziosa del procedimento (che si svolge nel contraddittorio delle parti e si conclude con un decreto che ha natura sostanziale di sentenza), per cui detti provvedimenti riguardanti i rapporti con i figli ed emanati ai sensi di detto art. 155 c.c. hanno natura decisoria e definitiva, senza che tale aspetti, da riferire alla situazione esistente al momento della decisione, vengano meno per essere gli stessi suscettibili di revisione in ogni tempo.
Inoltre, riguardando tali provvedimenti diritti soggettivi incidenti sulla vita della prole, non trova alcuna giustificazione la più datata affermazione giurisprudenziale che distingue tra provvedimenti di separazione riguardanti i coniugi e provvedimenti di separazione riguardanti i figli.
Fondato è, poi, il primo motivo di ricorso.
Censurabile è, infatti, la decisione in esame la Corte afferma (pag. 9), pur ritenendo opportuna la scelta, consensualmente adottata dai coniugi, di affidamento congiunto delle figlie m0inori, che detto affidamento congiunto comporta che l’onere di provvedere a tutti i bisogni delle figlie debba continuare a gravare paritariamente sui genitori, con l’ulteriore conseguenza di rigetto della domanda dia assegno proposta dalla P.
Erra in modo evidente la Corte territoriale nell’attribuire all’affidamento congiunto una valenza patrimoniale prescindendo dalla considerazione che lo stesso, fondato sull’esclusivo interesse del minore, attiene alla sua qualità di vita.
Giova ricordare in proposito che l’art. 6 della legge n. 898/70, come modificato dall’art. 11 della legge n. 74/87, applicabile analogicamente alla separazione personale dei coniugi, nel disporre che ove il tribunale lo ritenga utile all’interesse dei minori, anche in relazione all’età degli stessi, può essere disposto l’affida,mento congiunto o alternato, fa indubbiamente riferimento ad un potere discrezionale del giudice del merito non sindacabile in Cassazione, sempre che la relativa scelta, oltre che essere logicamente e sufficientemente motivata, non si disancori dal parametro di valutazione del sereno sviluppo del minore, erroneamente integrando lo stesso con considerazioni di ordine patrimoniale.
In sostanza, detto affidamento congiunto, ove disposto non può comportare necessariamente, in ordine al mantenimento dei figli, un pari obbligo patrimoniale a carico dei genitori, nel senso che dall’affidamento congiunto debba discendere l’obbligo per ciascun coniuge di provvedere in via diretta al mantenimento dei figli.
Tale tipo di valutazione non può assolutamente essere consentita qualora si tenga conto che l’affidamento congiunto, come detto, attiene all’interesse del minore dal punto di vista del suo sviluppo, del suo equilibrio psico- fisico, anche in considerazione di situazioni socio- ambientali, del perpetuarsi dello schema educativo già sperimentato durante il matrimonio, mentre la corresponsione dell’assegno i mantenimento per i figli ha natura patrimoniale- assistenziale (cd assistenza materiale), ed è finalizzata a sostenere le spese necessarie per consentire le attività dirette a detto sviluppo psico- fisico del minore (senza esclusione del relativo obbligo in caso di raggiungimento della maggiore età da parte dei figli, ove detto assegno si renda comunque necessario).
In definitiva, l’affidamento congiunto è istituto che, per le sue finalità riguardanti l’interesse dei figli, non esclude l’obbligo del versamento di un contributo, ove ne sussistano i presupposti, a favore del genitore con il quale i figli stessi convivono.
In proposito, è da rilevare come anche la recente legge n. 54/2006, recante disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, pur se successiva alla data dell’impugnata decisione, introduca il cd principio della bigenitorialità, con ciò ovviamente privilegiando l’interesse esistenziale del minore e prescindendo, in particolare, sia dal rapporto patrimoniale tra i due ex coniugi, sia dagli aspetti economici riguardanti la vita del minore, autonomamente disciplinati da co. 4 di detto art. 155 c.c., in cui è previsto che ciascuno dei genitori provvede al mantenimenti dei figli in misura proporzionale al proprio reddito che il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, sulla base di vari parametri, tra cui le risorse economiche di entrambi i genitori.
È un’ulteriore e definitiva conferma che l’affidamento congiunto non può certo far venir meno l’obbligo patrimoniale di uno dei due genitori a contribuire, con la corresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza.
Ne consegue che censurabile è la decisione in esame la dove ha erroneamente fatto derivare, come conseguenza automatica, dall’affidamento congiunto il principio che ciascun genitore provvede in modo diretto ed autonomo alle esigenze dei figli.
È da rilevare, poi, in relazione alla vicenda in esame, che, pur essendo venuto meno l’affidamento in oggetto per essere le figlie divenute nel frattempo maggiorenni, tale circostanza non modifica per il giudice del rinvio i termini della questione, perdurando l’obbligo del mantenimento, indipendentemente dal raggiungimento della maggiore età, finché le figlie non diventino autosufficienti dal punto di vista economico.
Assorbito in quanto esposto è il secondo motivo di ricorso.
Inammissibile è, invece, il terzo motivo: infatti, la Corte di merito, con logiche e sufficienti argomentazioni, ha disatteso la domanda di assegno proposta dalla odierna ricorrente sulla base di una serie di considerazioni in fatto, non ritenendo, tra l’altro, la contrazione dei redditi della stessa in misura tale da giustificare la corresponsione di detto assegno e valutando in concreto la sua capacità professionale e la frequente partecipazione a spettacoli, mostre ed altri eventi (rilevando tali dati dalla documentazione processuale); tali elementi non sono ovviamente riesaminabili o ulteriormente valutabili nella presente sede di legittimità, atteso che, secondo constante indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, pienamente condivisibile, nella determinazione del diritto all’assegno di mantenimento a favore di uno dei due coniugi, e del relativo importo, a seguito di sentenza di separazione, sulla base dei previsti parametri di valutazione (la non titolarità di adeguati redditi che consentano al richiedente un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e la sussistenza di una disparità economica tra le parti), il relativo apprezzamento dei fatti è compito spettante esclusivamente al giudice del merito, e, come tale, non censurabile in Cassazione ove immune, come nel caso in esame, da vizi di motivazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; dichiara inammissibile il terzo motivo di ricorso.
Cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, alla Corte di appello di Lecce in diversa composizione.
Roma, 27/2/2006.
Depositata in Cancelleria il 18 agosto 2006

Tratto dal sito IURECONSULT

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